sabato 22 ottobre 2011

(558) A mio padre



Non ti ho sentito mai alzar la voce,
mai una bestemmia, mai dall'ira vinto
io ti ricordo, tu sempre convinto
che la vita non sia così feroce.

Con dignità portavi la tua croce
che mai ti fu leggera, sempre spinto
d'all'onestà d'un proletario istinto;
fermo in un mondo sempre più veloce.

Mai banderuola ma sempre coerente,
mi hai insegnato a prender posizione
a non essere ignavo e indifferente.

Contro i feticci e la superstizione
odiavi l'arroganza prepotente,
a te bastava fare un marafone.

N'un mondo di finzione
dove la vanità sta sulla scena
di là ci guardi e certo ne avrai pena.

22-ottobre-2011

mercoledì 19 ottobre 2011

(557) La vetta



Se la poesia è una montagna ardita
non puoi improvvisarti scalatore,
non serve la piccozza, serve il cuore,
da frequentar la scuola è della vita.

Non tutti toccheran la vetta ambita,
è questo che ne accresce il suo valore,
ma già si può goderne lo splendore
ad ogni guglia lungo la salita.

Guai a cercar però le scorciatoie,
ti puoi smarrire con parole vuote
tra paludose nebbie e uggiose noie.

Sol quando il vento l'anima percuote
con mille sensazion dolori o gioie,
intona la poesia le dolci note.


19-ottobre-2011

(556) I nostri morti



Uno per uno vi ritrovo accanto
come soldati in riga, allineati;
finito il vostro viaggio siete andati
dove non c'è più ne il dolor ne il pianto.

In leggero declivio il camposanto,
già tutti conoscenti, ritornati
in faccia ai vostri lievi colli amati
senza pensieri ne ansia ne rimpianto.

Voi rimanete lì ridendo, muti,
a compatire noi su questa valle
indaffarati a contare i minuti.

Incerto il futuro, il mondo bolle,
sempre più siam sommersi dai rifiuti;
l'unica cosa certa....quelle zolle.

18-ottobre-2011

domenica 16 ottobre 2011

(555) Blocco-Nero



Chi voleva veder li avrebbe visti
incapucciati, neri, in mano il casco,
anche io, che sono ingenuo, non ci casco,
già prevedevo avvenimenti tristi.

La bella gioventù multicolore
vestita di sorriso ed ironia
da un gruppo di teppisti alla balia
lasciata profanare con terrore.

La grande "Piazza Rossa" violentata,
quella che a Berlinguer diede l'addio
dai cani sciolti c'è stata negata.

Una guerriglia bene organizzata
con fuoco e sampietrini, nell'oblio
la grande festa è stata rovinata.

Or fatta la frittata
chi doveva sentire le campana
tranquillo può tornar tra le puttane.

17-ottobre-2011

domenica 9 ottobre 2011

(554) Sparate! (sonetto minimissimo)



Voi siate
felici
amici,
amate.

Volate
pernici
se in bici
va il vate.

se siete
sinceri
parlate.

se avete
pensieri
sparate.

9-ottobre-2011

(553) Mondo cane



Vogliono diventar tutti padroni,
diventar ricchi senza lavorare,
cercando tutti di poter sfruttare
pur fossero illegali, le occasioni.

Ma pochi sono ad essere i leoni,
tra iene, gli sciacalli, le zanzare
tutti aspettano il sangue da succhiare;
tutti mordono tutti; in confusione.

Carnivori e rapaci, le carogne
non si contano più, ormai si vive
in un mondo che puzza come fogne.

Sempre più rare son le prospettive;
scende la neve, suonan le zampogne,
l'inverno gela mille iniziative.

9-ottobre-2011

(552) tre fate (sonetto minimo)



Non c'è più pane,
non c'è più vino,
suona il mattino
delle campane.

Alle fontane
lungo il cammino
stanno vicino
tre fate strane.

Una che canta,
una che ride
sopra una pianta.

L'altra che stanca
ora si siede
sopra una panca.

9-ottobre-2011

sabato 8 ottobre 2011

(551) L'emarginato emarginatosi (doppio sonetto speculare)



Lui l'aveva occupata a dire il vero,
ce l'aveva con tutti:- Che gentaccia!
Io nun pago tanto chi me caccia!-
Nemmeno per pulire un euro; zero.

Ce l'aveva con tutto il mondo intero:
-Me vonno fa pagà! Che è na minaccia?
Ce devono provà, jè sputo 'n faccia!-
Con tutti si mostrava cupo e nero.

L'umile gente, che al decoro tiene,
impotente alle prevaricazioni
cercava di evitare quelle scene.

Gridava: - Sete tutti pecoroni!
Pagate voi, a me nun me conviene!-
Nessuno ci badava; zitti e boni.

Ma pensa come vanno le questioni,
giocava al gratta e vinci, un giorno viene
che ha guadagnato un mucchio di milioni.

E' sempre lui, ma ha le tasche piene,
un mulo può indossare i pantaloni
ma di scalciar l'istinto si mantiene.

Ha comprato una villa che è un mistero,
chiunque s'avvicini lui lo scaccia:
- Anvedi da sgommà, tira n'ariaccia,
nun t'accostà o fenisci ar cimitero!.

S'è fatto diffidente, astioso, altero,
al cancello s'è messo una bestiaccia
che nemmeno il postino ci s'affaccia.
Adesso è emarginato per davvero.

8-ottobre-2011

venerdì 7 ottobre 2011

(550) Il verso



Io cerco ovunque il verso,
il verso ovunque trovo,
non serve che mi muovo,
in testa ho l'universo.

Sto nei pensieri immerso,
ci provo e ci riprovo,
se giunge un verso nuovo
bado non sia disperso.

Allor sono felice
che nuova creatura
s'aggiunga alla cornice.

E se la vita è dura
io sono come Alice,
nulla mi fa paura.

7-ottobre-2011

mercoledì 5 ottobre 2011

(549) i tempi cambiano

Prete nel letto


Come si può avere nostalgia
d'un tempo che si usava lo scaldino
per mettere nel prete, dentro il letto,
e sotto questo c'era l'orinale

il gabinetto stava per le scale,
l'acqua nella fontana, al vicoletto,
ramina da cui  bere ed il catino
per darsi una lavata  e così sia.

Non c'era droga, ma nell'osteria,
ci si drogava già con un quartino,
quanti nascemmo a causa d'un goccetto?

L'uomo sfoggiava cresta da galletto,
e per sfogarsi andava nel casino,
la donna era morbosa fantasia.

Certo che può ispirare una poesia
quel tempo andato, ormai non più vicino,
ma ricordarlo merita rispetto.

Quel ciabattino che con il trincetto
a rifilar tomaie stava chino
dalla mattina a sera sulla via.

Le scarpe adesso si gettano via
e prima che abbia termine il cammino,
il mondo va di fretta, non è detto
che poi sia tutto bene o tutto male.

Lo stress oggi è una bestia micidiale
non è facile da prendere di petto
solo il poeta sa tornar bambino
e tingere il moderno di magia.

5-ottobre-2011

sabato 1 ottobre 2011

(548) Doppio sonetto speculare (esperimento)



Guardo i bambini che si fanno intorno
a un vecchio mentecatto imbonitore
che racconta le favole, felice
d'avere una platea tanto attenta.

Le spara grosse e ancor non s'accontenta
perché nessuno mai lo contraddice,
e più ne spara più prende vigore
ti fa sembrare notte a mezzogiorno.

Sforna panzane come pane forno
ma resta impressionato con favore
il pubblico che ascolta ciò che dice.

Faccia bisunta, in testa la vernice,
sorriso finto da televisore,
pupazzo, guitto, puffo perdigiorno.

Vista la scena, mentre a casa torno
ci ripenso ed ho un dubbio roditore,
vedo altro quadro, identica cornice.

Ma è un popolo che adesso benedice
un satrapo forse unto dal Signore
con una corte di vassalli attorno.

Il popolo sovrano che allo scorno
volutamente e con grande clamore
in braccio alla sirena ammaliatrice
s'è buttato da solo e ha fatto trenta.

Adesso grida, sbraita, si lamenta,
ce l'ha con tutto il mondo, maledice,
non si da pace, mastica livore,
ed il governo pare un cine porno

1-ottobre-2011